CLASSICI PER UN ANNO
Enrico Capodaglio racconta Il libro del cortegiano di Baldassarre Castiglione
Abbiamo bisogno di modelli, e questo spiega la fortuna nei secoli del Libro del Cortegiano, un’opera che, nel rappresentare l’uomo come dovrebbe essere, e come in parte è stato, inventa e genera una personalità poliedrica e armonica. È l’uomo completo del Rinascimento, alla corte di Urbino, almeno finché non morì Guidubaldo da Montefeltro, nel 1508, che sia abile con le armi e letterato, dedito alla bellezza come all’azione politica. Parlo dell’uomo, ma non vorrei dimenticare che buona parte del terzo libro è dedicato alla donna ideale, la donna di palazzo, come Baldassar Castiglione la chiama, una figura pienamente all’altezza del cortegiano. Quando l’opera viene pubblicata, nel 1528, un anno dopo il sacco di Roma, quella corte urbinate così decantata non esisteva più. L’Italia è divisa sempre, in balia di eserciti stranieri e quel modello di uomo di corte ne viene proiettato in un’età magica e perduta. È morta anche Eleonora Gonzaga: “che più di tutti gli altri valeva”, la quale ha fatto sì che nella corte di Urbino uomini e donne ragionassero alla pari. Eppure i toni di Baldassar Castiglione non sono affatto nostalgici, anzi legati con vigore al presente, a ogni presente. Egli ha attinto, sì, le sue figure alla corte di Urbino, ma in vista di una durata perenne, grazie a ciascun uomo e donna di spirito nobile, disposti a perfezionarsi. In questa fede sta la sua potenza: anche se “gli animi nostri spesso formano cose alle quali impossibile è poi corrispondere”, abbiamo bisogno di un ideale di uomo e di donna, che soddisfi lo spirito segreto di perfezione, e questo libro lo fa. Non è un caso che egli parli del Cortegiano, come di un “ritratto di pittura della corte di Urbino, non di mano di Raffaello o Michelangelo, ma di pittor ignobile e che solamente sappia rifare le linee principali”. Modestia a parte, egli invece si è ispirato proprio all’arte del genio urbinate, nobilitando e perfezionando la realtà in cui viveva. Nella corte di Urbino che, all’inizio del terzo libro è detta “a tutte l’altre della Italia superiore”, in quanto “molto più eccellente ed ornata d’omini singulari” di ogni altra, “con le donne si aveva “liberissimo ed onestissimo commerzio; ché a ciascuno era licito parlare, sedere, scherzare e ridere con chi gli parea; ma tanta era la reverenzia che si portava al voler di Eleonora Gonzaga, che la medesima libertà era grandissimo freno”.
La rassegna, curata da Enrico Capodaglio e Lucia Ferrati, è organizzata da Università dell’Età Libera e Comune di Pesaro (Presidenza del Consiglio e Assessorati alla Bellezza e alla Crescita), in collaborazione con Amici della Prosa APS e Voci dei Libri APS, Prefettura di Pesaro e Urbino, Ente Olivieri, Fondazione Rossini, Fondazione Pescheria, Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, Confindustria di Pesaro e Urbino, Istituto d’Istruzione Superiore “A. Cecchi”, Coop Villa Fastiggi e Famiglia Castelbarco Albani, con il sostegno di Riviera Banca.
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